Pasqua di Risurrezione

Pasqua di Risurrezione, 11/04/2020

Dopo il grande silenzio del Sabato Santo, il silenzio della solitudine, il silenzio di una terra sbigottita perché il suo Dio fatto carne sembra essersi addormentato nella vita degli uomini, siamo posti di fronte ad un Dio che, morto nella carne, è sceso a scuotere il regno degli inferi, in ricerca di coloro che siedono nelle tenebre e nell’ombra della morte, un Dio che si presenta con l’arma vittoriosa della croce e dice loro: uscite, risorgete, la Pasqua è giunta.

La Pasqua è giunta a noi attraverso gli occhi e la fede di Maria di Magdala e Maria di Giacomo che escono di casa nell’ora tra il buio e la luce, con la attenzione di chi ama.

La Pasqua è giunta a noi attraverso queste donne innamorate di Gesù che vanno a visitare la tomba a mani vuote, a vedere, a soffermarsi, a toccare la pietra del sepolcro dove è riposto colui che amano. Un diritto questo che purtroppo in questi giorni è negato a tutti coloro che hanno perso un caro congiunto.

La Pasqua è giunta a noi attraverso un gran terremoto e un angelo che scede dal cielo per mostrare alle donne che il posto dove giaceva l’amato Gesù è vuoto.

La Pasqua è giunta a noi attraverso lo spavento di queste due donne amanti ma soprattutto tramite le parole confortanti dell’angelo: “non abbiate paura”.

Questo invito pasquale a “non avere paura” l’aveva già detto l’angelo a Maria nell’Annuncio della Incarnazione del Verbo. “Non abbiate paura”, “non temete”, sono parole che Gesù ripeteva spesso ai suoi discepoli. Sono frasi che aprono lo spazio nell’anima; sono espressioni che danno sicurezza e generano speranza. Il “non temete” di Gesù, detto alle donne vicino al sepolcro, è l’annuncio mite del vero trionfo, quello che verrà trasmesso di voce in voce, di fede in fede, attraverso i secoli.

Il “non temete” è stato quel soave ed energico saluto che il Signore Risorto ha adottato per confortare i suoi discepoli.

In questa notte di vero trionfo, il Signore torna a dire a tutto il popolo fedele: “Non temete, io sono qui. Ero morto e ora sono vivo”. Questa frase, da venti secoli, la ripete in ogni momento di terremoto interiore; la ridice quando, nella sua Chiesa, si vive la sua Passione; la pronuncia nel silenzio di ogni cuore dolente, afflitto, disorientato; la ribadisce nelle congiunture storiche della confusione, quando il potere del male prende il sopravvento sui popoli e costruisce strutture di peccato e di separazione; la ricorda in ogni ferita umana, in ogni morte personale e storica.

In questa notte santa, Gesù vuole che si faccia silenzio nei nostri cuori e nei nostri terremoti personali, culturali, sociali; in quei disordini prodotti dall’intrigo dell’autosufficienza e dell’arroganza, dell’orgoglio e della superbia, perché nel mezzo di tutto ciò possiamo essere incoraggiati ad ascoltare la sua voce che ci dice: “Non temete.”.

Accompagnati dalla tenerezza e dalla forza di nostra madre, Maria, ci lasciamo consolare, rafforzare e accarezzare da quella voce del Vittorioso Re che, sorridendo e con mansuetudine, ci ripete instancabilmente: “Non temete”.

Certamente tutto questo ci fa capire che non è un sepolcro vuoto che rende ammissibile la risurrezione, ma l’incontrare Gesù vivente e parlante, annunciato dall’angelo non più presente nel sepolcro ma altrove. Da qui l’invito a cercarlo in altro luogo, in giro per le strade, perché Lui è il vivente, è un Dio da cogliere nella vita, da incrociare ovunque, eccetto che fra le cose morte.

Va cercato tra i sogni di bellezza, nelle scelte fatte per amore, dentro l’atto di generare, nei gesti di pace, negli abbracci degli amanti, nel grido vittorioso di un bambino che nasce, nell’ultimo respiro del morente che sta per nascere al cielo, nella tenerezza con cui si cura un malato.

Quando tre anni fa ho avuto la grazia di poter celebrare sulla pietra del santo sepolcro, ho provato come una sensazione di sospensione del tempo. Io da solo dentro il santo sepolcro, in una profonda intimità con un silenzio che aveva conosciuto solo Dio prima di me, un silenzio che alla fine della messa veniva rotto solamente dal ricordo delle parole dell’angelo alle donne che sentivo rivolte a me: non è qui, ti precede.

E allora mi sono detto: è fuori, è davanti a te. Cerca meglio, cerca con occhi nuovi. Ti precede in Galilea, là dove tutto è cominciato e dove tutto può ancora ricominciare.

Ecco allora l’augurio che la Pasqua sia per tutti noi un nuovo inizio.

P. Giovanni