L’avvicinarsi delle prossime feste mariane di settembre in Santuario, tra le quali ci sarà la memoria della Beata Vergine Maria Addolorata, mi spinge ad una riflessione sul modo in cui santa Paola Elisabetta Cerioli ha interpretato questa parte della vita di Maria.
Per lei Maria è stata il riferimento spirituale più decisivo alla determinazione del carisma che avrebbe portato alla nascita dell’Istituto Sacra Famiglia.
L’esemplarità della madre di Gesù, per la Cerioli, ha fondamentalmente riguardato il mistero della sua maternità. Maria è per lei la Madre di Gesù, colei che volontariamente accetta di procreare il Figlio di Dio per il popolo di Dio. Ma il mistero della maternità di Maria, che implica un’unione totale al mistero di Gesù – che nella sua vita terrena incontra la prova e la croce (Lc 2,35; Gv 19,25) – dice che esso non poteva ridursi a oggetto di una contemplazione estrinseca, capace solo di instillare consolazione, desiderio di imitazione o sublimazione del suo potentissimo istinto di maternità.
L’esemplarità della figura dall’Addolorata, contemplata e implorata nella chiesa della Visitazione di Comonte di Seriate, soprattutto nei momenti più disastrosi della sua vita (1854), quando il figlio Carlo era in punto di morte, è così testimoniata da madre Angelica Longoni, nel manoscritto da lei redatto sulla vita della santa.
Confessò che una volta considerando i dolori di Maria SS.ma ed immaginando il momento in cui quella vide la morte del Divin suo Figlio, si sentì tale un presentimento e tale una stretta al cuore, che oppressa si abbandonò a seder quasi svenuta.
“Non so, – diceva poi, – come io sia campata, gracile ed estenuata, com’ero”,
L’esemplarità dell’Addolorata già si tramuta, per “presentimento”, in immedesimazione in Lei, come conferma quanto segue:
per lei tutto era tristezza, tutto le rammentava la perdita de’ suoi cari: ed unica consolazione che trovava era intrattenersi nella solitudine della sua Chiesetta, effondendo in Dio e in Colei che fu madre dei dolori (Addolorata) il suo cuore esulcerato.
Lentamente santa Paola Elisabetta introitava in se stessa quegli atteggiamenti e quelle disposizioni che erano state proprie di Maria. Nella contemplazione dell’Addolorata la Cerioli sentiva di trasformarsi nel proprio intimo, quasi percependo nel cuore l’effetto intrinseco del suo influsso santificante. Rimeditava l’esperienza spirituale di Maria che, proprio perché madre di Cristo, era stata chiamata ad una spogliazione tanto radicale delle gioie e dei vanti della maternità da essere piuttosto celebrata nei Vangeli come la figura della “fedele”, che segue il Maestro e Signore (Lc 2,49; Gv 2,4). Spoliazione che culmina nel mistero della croce. Sul calvario, infatti, la sua maternità (Gv 19,25 ss.) dovrà convertirsi, altrimenti indirizzarsi, quando Gesù le rivolge dalla croce il solenne «donna» indicando il nuovo figlio, e la chiama ad una nuova maternità che costituirà ormai la sua funzione nel popolo di Dio.
La memoria sulla vita della Cerioli ad opera di Angelica Longoni tiene a farci sapere che qualcosa di analogo a questa riconversione della maternità sotto la croce è successo anche a lei:
Già appena spirato il figlio aveva Essa fatto il dono di tutta se stessa a Dio e si era proposta in cuor suo di dedicarsi interamente a Lui. Questo proposito lo rinnovò più fortemente dopo la perdita dello sposo.
Le venivano sovente alla memoria, anzi le rimasero profondamente impresse le parole del suo Carlo morente: che il Signore le avrebbe dato altri figli a cui pensare: vi pensava e rifletteva; e però progettava uno stabilimento di poveri orfani; ma era sempre un’idea confusa, e continuava a pregare il Signore che le facesse conoscere la sua SS. Volontà, pronta a seguirla comunque si fosse, rimettendosi totalmente nelle sue braccia. Diceva poco dopo alla sua confidente: «Nel mio isolamento non pensavo che a domandare a Dio lume e conforto perché come avrei io potuto reggere, immersa com’ero in una totale desolazione se non mi avessero sollevata Gesù e Maria?».
In questo tempo Ella trovavasi in un periodo di tale oscurità di spirito che non poteva conoscere ciò che Dio volesse da Lei.
Ovviamente l’esperienza del calvario da parte della Cerioli nella vicenda della rinuncia alla sua maternità carnale non può e non deve essere assimilata a quella di Maria, totalmente altra, per il contenuto e la portata, rispetto alla sua. Ciò che lega le due vicende è la chiamata ad una maternità spirituale: universale (di tutta la Chiesa) per Maria; di “tanti altri figli” abbandonati, poveri, impediti di abitare il mondo per la Cerioli e i suoi discepoli futuri.
p. Giovanni Prina