Piace parlare di Dio, magari anche giungere, la mano nella mano, fino a sotto la croce, piace esternare l’amore di Dio e proclamarlo, come il supremo, nello spazio indenne di un giovane futuro. Ma se stringe un poco di più il soggolo del dolore, cupo avanza il corteo delle domande e la rissa dei dubbi e il deprecare il silenzio di Dio, che fu loquace quando indorava il gusto della vita.
Renzo Barsacchi, Marinaio di Dio, Firenze 1989, p. 29
Leggendo questa poesia di Renzo Barsacchi, che ci presenta il cammino di fede dell’uomo giunto al tempo della prova, e ripensando l’esperienza umana di Cristo fino all’evento pasquale, siamo nuovamente invitati a pensare la Quaresima quale tempo utile di conversione, di ritorno a Dio e di riscoperta di Gesù, passando attraverso il mistero custodito dalla sua persona, arcano da conoscere nella sua profonda novità.
Percorrendo l’itinerario quaresimale, aiutati dalla parola di Dio, comprendiamo che i due grandi “misteri” della vita di Cristo, l’Incarnazione e la Redenzione, il Natale e la Pasqua, conducono alla Trinità. Essa, a sua volta, illumina il senso del nostro essere – poiché a sua immagine e somiglianza siamo stati creati – e innalza la nostra esistenza a una dignità incomparabile. La Pasqua porta, insomma, a mirabile compimento quel prodigioso scambio che il Natale aveva già iniziato: Dio assume la nostra condizione umana, l’uomo è innalzato alla vita divina.
In questo tempo forte dell’anno liturgico la Parola sembra illuminare maggiormente la vita, e il dono di sé che Dio rinnova a noi in Cristo, per l’azione dello Spirito, esprime il senso ultimo ed essenziale di quanto leggiamo nelle Scritture. Ecco perché in Quaresima abbiamo scelto di lasciarci condurre all’interno del mondo biblico, attraverso la “Scuola della Parola”. L’iniziativa ha preso inizio l’anno scorso, per volontà del Vescovo Maurizio che nel precedente piano pastorale chiedeva alle comunità di aiutare i fedeli a “coltivare la familiarità con le Scritture e conoscere alcuni aspetti biblici fondamentali”. Quest’anno come ci ricorda p. Gianmarco Paris, Superiore generale della Congregazione Sacra Famiglia, “si è pensato di presentare la prima grande sezione dell’Antico Testamento, il Pentateuco (nei primi tre incontri), e il gruppo di testi più antichi del Nuovo, le lettere di Paolo (negli ultimi due). Si propone il Pentateuco perché, pur contenendo anche scritti più recenti di libri delle altre raccolte, è la prima parte dell’AT nell’ordine canonico, e perché narra l’origine dell’Alleanza che costituisce la spina dorsale dell’intero corpo biblico. Sul versante del compimento si propongono le lettere di Paolo non solo perché sono i più antichi scritti del NT, ma anche perché contengono una originale sintesi teologica dell’evento cristiano e rappresentano il primo esempio di trasmissione scritta di quella “nuova legge” che è frutto del compimento dell’alleanza realizzato dalla Pasqua di Gesù”.
La Scuola della Parola ci aiuta a comprendere che vivere la Quaresima e la Pasqua e la sua pienezza (Pentecoste) vuol dire appropriarsi dell’esperienza di un popolo che per prima l’ha vissuta (Israele nel tempo dell’Esodo); di un uomo che l’ha compiuta (Gesù di Nazaret); di un santo che l’ha esperimentata. Su questo itinerario spirituale la particolarità cristiana si incontra con l’universalità umana, facendo capire che un cammino pasquale può essere nell’esistenza di tutti. Soprattutto quando imperversa nella nostra vita la drammaticità degli eventi e ci pare di essere in balia di quel silenzio di Dio che Gesù stesso ha vissuto sulla croce. È proprio in questo passaggio sofferto che la Parola prima incontrata, ascoltata, meditata e poi pregata e testimoniata, diventa pregiato aiuto nel superare lo sconforto e luminoso memoriale dell’alleanza salvifica di Dio.
Se dunque la Quaresima è un cammino che ci porta a conoscere sempre più il mistero di Dio attraverso il sacrificio pasquale di suo Figlio, dovremmo chiederci: io a che punto sono nel mio cammino di fede?
Credo che le risposte vadano date, anzitutto, in riferimento ad una storia di fede, come quella narrata dalla Parola di Dio, ma anche a quella di quegli uomini e donne che hanno saputo fare di se stessi evangeli viventi, come ad esempio santa Paola Elisabetta Cerioli.
Nella vicenda di questa santa e nostra fondatrice, il mistero pasquale si comprende principalmente considerando la sua vita nel tempo del «passaggio» dal vecchio al nuovo, da madre a fondatrice, da se stessa a Dio, in quell’esperienza di vuoto e di silenzio che lei ha vissuto al Gromo di Bergamo. L’anno è quello del 1854/1855, tempo in cui lei, in preda allo sconforto, alla desolazione e alla cupa sensazione del fallimento, comincia a mettersi con decisione sempre più nelle mani di Dio, facendo del suo tormento quotidiano il luogo della manifestazione, della tenerezza e della potenza di Dio per lei. Inoltre il mistero pasquale in lei si comprende quando identifica la sua vita di madre provata (senza marito, senza figli, sola) con la Vergine dei dolori ai piedi della croce, e attinge da lei quella forza e quello stimolo necessari ad incontrare nuovamente Gesù.
Quando il dolore sembra soffocarci e le domande incupiscono la nostra vita e i dubbi trasmettono incertezza, è inutile deprecare il silenzio di Dio, stiamo vivendo la nostra settimana di passione dalla quale per fede sappiamo che scaturirà una nuova vita.
La storia della salvezza compiuta in Cristo e la testimonianza dei nostri santi ci aiutino a comprendere sempre meglio che la nostra vita attende di essere compiuta e salvata unicamente in Cristo risorto.
Un caro saluto e un sentito augurio di buona Pasqua.
p. Giovanni Prina